Estate in campagna: Varzi, l’Oltrepò Pavese, un eremo… e una cassetta piena di fiori!
Sarò ripetitiva ma l’estate è per me una stagione magnifica! La natura è all’apice del suo vigore, le giornate sono lunghe, le ore di luce sembrano non finire mai… Certo, peccato per le zanzare, l’afa e tutte quelle cose antipatiche che contribuiscono a rendere odiosa questa stagione a chi, come me, vive in pianura.
Poco male! Io non cambio idea e a chi si lamenta del troppo caldo rispondo con un sorriso: d’altronde, l’estate in Pianura Padana è così! E poi, è sufficiente allontanarsi un poco dalla “pianeggiante” pianura per (ri)scoprire tutti i lati positivi della bella stagione.
Così, per sfuggire a un caldo un po’ troppo opprimente (anche per me!), Ciccio e io ci siamo spinti oltre il fiume Po, verso le prime alture che anticipano quelle ben più importanti dell’Appennino e, tra campi di papaveri e colline verdi ricoperte di vigneti, siamo arrivati fino a Varzi.
Situato nella Valle Staffora, nel cuore dell’Oltrepò Pavese, il piccolo comune di Varzi è un delizioso borgo di origine medievale, conosciuto (credo un po’ dappertutto in Italia) per un prodotto gastronomico in particolare, ovvero il salame (Salame di Varzi DOP, appunto) che, grazie alla sua storia millenaria (secondo alcune fonti risalirebbe addirittura all’epoca longobarda) e a una rigorosa preparazione, risulta essere tra i salami regionali più costosi!
Gastronomia a parte, il centro storico di Varzi è davvero interessante e caratteristico in quanto strutturato su più livelli di portici, ancora oggi visibili, simbolo del glorioso passato commerciale della città. Visitare il centro di Varzi, quindi, significa ripercorrere la sua storia, tra chiese, torri e il castello. Non occorre seguire un itinerario preciso, basta lasciarsi guidare dalla curiosità!
La storia del borgo è strettamente legata alle vicende della nobile famiglia dei Malaspina. Assegnatari di un feudo comprendente i territori delle valli Staffora, Borbera, Curone, Trebbia, Aveto e Magra, i Malaspina strinsero un accordo con la città di Pavia per garantire il passaggio delle merci sul loro territorio dietro il pagamento di gabelle. Poichè Varzi si trovava sulla via diretta verso la costa ligure, la sua importanza commerciale crebbe notevolmente. A seguito delle divisioni interne tra i vari membri della famiglia Malaspina il marchese Azzolino si stabilì a Varzi dove fece costruire il castello ma il suo potere terminò con l’affermarsi della supremazia del Duca di Milano.
Nonostante la progressiva rovina della famiglia Malaspina, la prosperità di Varzi non cessò e rimase uno dei maggiori centri del commercio nella zona dell’Oltrepò. Nel Settecento Varzi passò ai Savoia e all’inizio del XIX secolo fu annesso alla Francia di Napoleone fino al 1814. Fino al 1923 Varzi fu sotto l’egemonia amministrativa di Bobbio e durante la Seconda Guerra Mondiale rimase repubblica partigiana fino al novembre 1944.
Una delle caratteristiche principali di Varzi sono dunque le sue strade porticate, con ben cinque ordini di portici tra di loro sovrapposti, caratteristica, quest’ultima, che rende Varzi urbanisticamente unica in tutto il Nord Italia. Questo impianto così particolare servì per ricoverare le merci in transito, dare riparo ai commercianti che coprivano l’itinerario da Piacenza verso la Liguria e quello della “Via del Sale Lombarda”, il tracciato che permetteva il commercio del sale da Pavia verso Genova (Genova, città di mare, città d’arte), e offrire ristoro ai pellegrini che, percorrendo la Via Francigena e la Via Micaelica, passavano per il borgo.
Storicamente la Via di Dentro era la strada principale di Varzi e vi si accedeva tramite la Torre di Porta Sottana: lungo questa strada abitavano le famiglie più facoltose e vi si svolgevano le attività quotidiane e gli uffici più importanti. Dalla parte opposta, Porta Soprana (detta anche Torre dell’Orologio) rappresentava invece il punto di accesso alle contrade dei portici: la Via del Mercato era l’anima commerciale di Varzi mentre la Via di Porta Nuova offriva un ricovero notturno sotto i suoi portici a chi transitava per Varzi. Le botteghe, le stalle e i magazzini erano a piano strada mentre ai piani superiori si trovavano le abitazioni.
Lungo la Via di Dentro si trovano, praticamente una di fronte all’altra, due chiese dai nomi curiosi: la Chiesa dei Rossi, così chiamata per il colore della cappa indossata dai membri della Confraternita della Santissima Trinità durante le celebrazioni ufficiali, e la Chiesa dei Bianchi, costruita nel 1646 per volontà della Confraternita del Gonfalone di Roma i cui membri vestivano una mantella di colore bianco.
Chiude la Via di Dentro la Chiesa di San Germano, risalente alla fine del XVI secolo: tali e tante furono le difficoltà economiche per la sua realizzazione che ci vollero oltre quarant’anni per costruirla.
Fuori dal centro storico di Varzi è la natura, bella e rigogliosa, a essere protagonista! Ecco perché Ciccio e io ci prendiamo il tempo necessario a percorrere le strade in tutta tranquillità: il paesaggio è incantevole e rilassante e io non faccio altro che guardarmi intorno per cercare di non perdermi niente.
Lasciata la strada provinciale che corre lungo il torrente Staffora, saliamo verso i rilievi dell’Appennino Ligure fino a raggiungere l’Eremo di Sant’Alberto di Butrio, una vera oasi di pace situata a 687 metri s.l.m.: questo è un luogo incantato, un luogo di arte e fede immerso nel silenzio e circondato da querce, abeti e castagni.
Nel X secolo su un costone roccioso situato a sud-est dell’eremo sorgeva un castello che però andò completamente distrutto. A dividere i due edifici c’era solo il torrente Butrio di fianco al quale sembra ci fosse la grotta nella quale Sant’Alberto pregava.
La costruzione dell’eremo, che sorge dunque su uno sperone calcareo, risale alla prima meta dell’Anno Mille quando il santo scelse questa zona per andarvi a vivere in solitudine.
Quando Sant’Alberto guarì miracolosamente il figlio muto del Marchese Malaspina, quest’ultimo volle sdebitarsi edificando una chiesa romanica dedicata alla Madonna che donò a Sant’Alberto e ai suoi seguaci. Costituitisi in comunità, gli eremiti realizzarono il monastero di cui restano visibili il chiostro e il pozzo.
L’eremo e il paesaggio circostante comunicano un incredibile senso di beatitudine e invitano alla meditazione e anche la solitudine, che talvolta può fare un po’ paura, risulta invece “intensamente leggera”.
Mentre riguadagnamo la strada verso casa passiamo davanti a un grande cancello oltre il quale, sulla cima ad un’altura, svetta il Castello di Oramala. Costruito su uno sperone roccioso ad un’altezza di 758 metri s.l.m., questa fortezza dell’XI secolo fu voluta dalla famiglia Malaspina e, salvo qualche breve parentesi, rimase di proprietà della famiglia fino al XVIII secolo quando fu definitivamente abbandonato. Oggi purtroppo il castello è inaccessibile al pubblico e la sua condizione non pare delle migliori… E’ un vero peccato, perchè tutt’intorno il panorama è davvero bellissimo!
Che giornata fantastica! Questi luoghi meravigliosi hanno ispirato il mio “omaggio all’estate”: una piccola tela, qualche pezzetto di legno recuperato e tanti fiori, alcuni realizzati con il cartone delle uova (!).
In verità, mi sarebbe piaciuto raccogliere papaveri e lavanda nei prati e riempire una cassetta ma, tutto sommato, è meglio averli lasciati al loro posto, così potranno portare allegria e regalare bellezza ad altre persone come me!