Campania,  Italia

Pompei, la città sotto la cenere

Dove oggi insiste un incredibile sito archeologico, quasi duemila anni fa viveva una città.

Pompei: il sito archeologico è stato inserito dall’UNESCO nella lista dei beni Patrimonio dell’Umanità nel 1997.

Raccontare l’antica Pompeii (come la chiamavano i Romani) è impresa non certo semplice ma straordinariamente emozionante.

Nel IX secolo a.C. i senatori romani, attratti dal clima mite e dalle terre fertili, cominciarono a spartirsi i territori attorno alla zona di Pompei, incontrando l’iniziale resistenza degli abitanti. Alla fine, però, nonostante la conquista romana, nella città di Pompei lo stile di vita non cambiò significativamente: infatti, accanto alla lingua ufficiale, il latino, si continuarono a parlare il greco e l’osco, così come le unità di misura rimasero, ancora per mezzo secolo, quelle in uso presso gli Osci. Un forte impulso alla “romanizzazione” avvenne con la salita al potere nel 27 d.C. dell’imperatore Ottaviano Augusto. Le famiglie patrizie portarono a Pompei nuove attività commerciali e ricchezze insieme a nuovi modelli artistici e architettonici. Fu così che Pompei divenne il luogo di villeggiatura prediletto dal patriziato romano.

Pompei_Via dell’Abbondanza: le strade: erano interamente costruite in pietra lavica e lastricate con blocchi di basalto posizionati in modo da formare un pavimento che fosse il più possibile regolare. Nei punti in cui le strade erano maggiormente trafficate, si riescono ancora a vedere i segni lasciati dalle ruote dei carri che diventavano una sorta di linee guida per chi si trovava a passare in quegli stessi punti. C’erano anche le strisce pedonali, grandi blocchi di pietra di forma ovoidale posizionati tra un marciapiede e l’altro: nei giorni di pioggia, i pedoni potevano attraversare la strada proteggendosi dall’acqua. Gli ingegneri romani realizzarono i passaggi pedonali tenendo conto della grandezza e dell’altezza delle ruote dei carri per permettere loro un agile passaggio senza intralciare il traffico. Infine, in corrispondenza dei bordi dei marciapiedi furono posizionate delle grosse pietre a creare dei cordoli che proteggessero le tubature cittadine dalle ruote dei carri.
Pompei_I Thermopolia: questo nome di origine greca indica i luoghi nei quali venivano serviti cibi e bevande calde che erano conservati in grandi giare incassate nel bancone di mescita realizzati in muratura. Alcuni banconi erano addirittura decorati o affrescati. I Thermopolia erano diffusi in quanto i Romani usavano consumare il pasto fuori casa. Solo a Pompei ne sono stati finora rinvenuti un’ottantina.
Pompei_Manifesto elettorale: nel corso degli scavi del sito archeologico sono stati rivenuti diversi manifesti elettorali sparsi per la città. A scrivere lo slogan erano i sostenitori del candidato il cui nome era scritto con caratteri un po’ più grandi rispetto al resto del manifesto. Quello nella fotografia si trova nella Regio IX, Insula X.
Pompei_Scorcio di un’abitazione
Pompei_La Casa di Marcus Epidius Rufus (Reg. IX, Ins. I): conosciuta anche con il nome di Casa degli Epidii, questa dimora si apre scenograficamente su Via dell’Abbondanza dall’alto di un podio alto 1,5 metri. Si tratta di un notevole quanto prestigioso esempio di architettura domestica pompeiana, ispirato al mondo ellenistico. Anteriormente, lo spazio della casa era organizzato attorno ad un atrio circondato da 16 colonne doriche in tufo sul quale si aprivano i vari ambienti residenziali. La casa è stata attribuita a Marcus Epidius Rufus, il cui nome compare su un sigillo bronzeo trovato all’interno dell’edificio.
Pompei_La Casa del Cinghiale (Reg. VIII, Ins. III): questa domus è importante per lo stato di ottima conservazione dei suoi pavimenti esterni ed interni, caratterizzati questi ultimi da bellissimi mosaici di tessere bianche e nere. La casa deve il suo nome alla figura di un cinghiale aggredito da due cani da caccia. Si pensa che questa fosse l’abitazione di Caius Coelius Caldus, uomo politico che ricoprì la carica di duoviro. Se dopo il terremoto del 62 d.C. la casa ebbe bisogno di essere restaurata, i pavimenti rimasero quelli originali antecedenti al terremoto.
Pompei_La Casa del Cinghiale: il bellissimo pavimento a mosaico.

Il 5 febbraio del 62 d.C. Pompei e tutta la zona circostante vennero colpite da un violento terremoto che provocò ingenti danni e crolli, con un impatto negativo sulla vita cittadina. Al trasferimento delle personalità più ricche in altre zone considerate più sicure, Pompei rispose con la nascita di un grande cantiere volto alla ricostruzione della città. Le ricchezze accumulate fino a quel momento dai Pompeiani favorirono la realizzazione di edifici lussuosi ed il restauro delle Regiones VI e VII, le zone a più alta densità residenziale.

In questo clima di fermento, nel 79 d.C. (non è ancora del tutto chiaro se il 24 agosto o il 24 ottobre) la violentissima eruzione del Vesuvio pose fine all’esistenza di Pompei che venne letteralmente sepolta sotto una coltre di circa sei metri di materiale vulcanico.

Pompei_Calco di uomo seduto con mano sul volto: è conservato nei Granai del Foro insieme a numerosi altri ritrovamenti. Utilizzando la tecnica dei calchi è stato possibile ricostruire gli ultimi istanti di vita di alcune persone. Ecco alcuni esempi: una donna che portava con sé dei gioielli accompagnata da una fanciulla, un mendicante con un bastone e la bisaccia piena di cibo, una coppia che si tiene per mano, un cane che cerca di liberarsi da un guinzaglio, quest’uomo seduto con la mano sul volto.

“[…] Il nono giorno (prima delle) Calende di Settembre, all’incirca alla settima ora, la madre gli fa notare che sta apparendo una nube insolita per grandezza e aspetto. […] Si alzava una nube (per chi osservava da lontano era incerto da quale monte; dopo si seppe che era stato il Vesuvio), la cui somiglianza e forma nessun altro albero esprimeva meglio del pino. Infatti, elevata verso l’alto come da un lunghissimo tronco, si spargeva in alcuni rami […]” (Plinio Il Giovane, Epistulae VI 16) (“[…] Nonum Kal. Sept., hora fere septima, mater indicat ei apparere nubem inusitata et magnitudine et specie. […] Nubes (incertum procul intuentibus ex quo monte; Vesuvium fuisse postea cognitum est) oriebatur, cuius similitudinem et formam non alia magis arbor quam pinus expresserit. Nam longissimo velut trunco elata in altum, quibusdam ramis diffundebatur […]”)

L’eruzione fu talmente intensa da modificare addirittura la linea di costa, che si allungò verso il mare. La città di Pompei cessò definitivamente di esistere e non venne mai più ricostruita, scomparendo ricoperta dalla vegetazione che negli anni a venire ricoprì l’intera area.

La riscoperta di Pompei avvenne solo alla fine del Cinquecento ma fu grazie a Carlo III di Borbone che, a partire dalla metà del XVIII secolo, se ne cominciò l’accurata esplorazione. Da allora, l’esplorazione non si è più arrestata, tanto che non è esagerato affermare che Pompei è uno straordinario “work in progress”.

Il sito archeologico è di dimensioni notevoli e, nonostante non tutti gli edifici siano accessibili, c’è veramente tantissimo da visitare! Per godere appieno dell’”esperienza pompeiana”, è quindi consigliabile affidarsi ad una guida esperta che saprà condurre per mano il visitatore tra case, storie e aneddoti della vita di Pompei.

L’area archeologica di Pompei si estende per circa 66 ettari e gli scavi ne hanno portati alla luce circa 45.

Pompei: una targa identificativa della Regio e dell’Insula.

Per ragioni di studio e di orientamento, nel 1858 Pompei venne suddivisa in 9 grandi “regiones” (quartieri), indicate con i numeri romani da I a IX, e ciascuna “regio” fu a sua volta divisa in “insulae” (isolati), anch’esse indicate con i numeri romani.

Il lungo Viale delle Ginestre nella Regio VIII segue il percorso dell’antica cinta muraria che, vista nel suo insieme, assomiglia ad un bastione arroccato sul bordo del pianoro.

Pompei_Le mura: l’ingresso di Pompei nell’orbita romana fece perdere importanza alle mura che, in alcuni tratti, vennero distrutte per fare posto alle case.

A Pompei vi erano diversi luoghi deputati allo svago e al divertimento come, ad esempio, nel Regio VIII dove sorgeva la zona dei teatri. A partire dal II secolo a.C., infatti, Pompei come le città romane dedicarono interi quartieri agli edifici teatrali, spesso sfruttando i luoghi scoscesi e i pendii naturali per addossarvi le gradinate.

Pompei_Il Teatro Grande: risalgono all’età augustea gli interventi dell’architetto Marcus Artorius Primus su scena e palcoscenico, l’introduzione del “velarium”, il telo utilizzato come copertura nei giorni più caldi, e la numerazione dei sedili delle gradinate.

Il Teatro Grande fu edificato per la prima volta dai Sanniti ma venne completamente rifatto verso la metà del II secolo a.C., subendo anche successivamente ulteriori rifacimenti secondo il gusto romano. In particolare, in epoca augustea ci fu una ristrutturazione totale sovvenzionata dalla gens Holconia, una delle famiglie più importanti di Pompei.

Pompei_Il Teatro Grande: per la creazione della cavea fu sfruttato il declivio naturale della collina; la gradinata era divisa in tre zone a loro volta suddivise in cinque settori e poggiava su un passaggio con volta a botte.

Quando cominciarono gli scavi del sito archeologico, il Teatro Grande fu il primo grande edificio pubblico ad essere liberato completamente dai depositi dell’eruzione.

Pompei_Il Teatro Grande: qui venivano messe in scena commedie e tragedie della tradizione greco-romana.

Dietro la scena del Teatro Grande si sviluppa un grande quadriportico che circonda un cortile centrale. Questo porticato venne realizzato nei primi anni del I secolo a.C. ed è costituito da 74 colonne doriche in tufo grigio di Nocera.

Pompei_Il Quadriportico dei Teatri: l’accesso al quadriportico poteva avvenire, oltre che dall’ingresso principale, da entrate secondarie. Ciò permetteva di fruire del quadriportico anche nei giorni nei quali non erano in programma rappresentazioni teatrali.

Il quadriportico aveva la funzione di foyer: qui, infatti, gli spettatori sostavano durante gli intervalli degli spettacoli teatrali oppure trovavano riparo in caso di pioggia. Dopo il terremoto del 62 d.C. l’edificio cambiò funzione e divenne la Caserma dei Gladiatori, utilizzata per gli allenamenti dei gladiatori.

Pompei_La Caserma dei Gladiatori: quando vi fu l’eruzione del Vesuvio del 79, i lavori di trasformazione da foyer a caserma non erano ancora del tutto terminati. L’edificio venne ricoperto da una coltre di cenere e lapilli e fu riportato alla luce grazie agli scavi commissionati dai Borbone.
Pompei_La Caserma dei Gladiatori: lungo il lato settentrionale è presente una scalinata che, in origine, veniva utilizzata come accesso al teatro dalle personalità di spicco. Gli scavi hanno portato alla luce molte vittime tra cui 4 schiavi rinvenuti ancora vicini ai ceppi e 18 persone, tra le quali una donna riccamente ingioiellata.

Nel mondo romano le case erano di tre tipologie a seconda del ceto sociale e della ricchezza del proprietario.

Pompei_Uno scorcio di una casa

La “domus” apparteneva ai ricchi. Era un’abitazione molto grande con spazi per la vita domestica e una zona di rappresentanza dove non mancavano il giardino, spesso ornato con fontane, e uno spazio termale.

Il ceto medio possedeva un’abitazione più piccola composta da un cortile centrale scoperto attorno al quale si aprivano diversi vani e un piccolo orto.

Infine, c’era la “pergula”, una piccola casa di proprietà dei commercianti formata da un vano affacciato direttamente sulla strada e utilizzato come bottega. Sul retro della pergula vi erano piccole stanze utilizzate come magazzini e abitazioni.

Le domus pompeiane spesso vengono chiamate col nome del proprietario ma nei casi in cui questo sia rimasto sconosciuto, agli edifici sono stati dati nomi di fantasia, spesso basati sui ritrovamenti fatti all’interno degli edifici stessi o su particolari circostanze.

Nel Regio I si possono ammirare tantissimi esempi di domus; alcune abitazioni sono accessibili in determinati orari della giornata, ma molte altre non sono invece visitabili. Tuttavia, anche osservando le domus dall’esterno, è possibile farsi un’idea di come vivessero i Pompeiani.

La Casa del Menandro (Reg. I, Ins. X) era la grande dimora di una famiglia benestante di Pompei. Si dice che i suoi proprietari fossero imparentati addirittura con Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone. Interessata da complesse vicende edilizie, la casa deve il suo nome al ritratto di Menandro, celebre commediografo ateniese, situato nel portico.

Pompei_La Casa del Menandro: si tratta di una villa edificata intorno al II secolo a.C. ma rielaborata e modernizzata in epoca augustea. Ad esempio, venne realizzato il peristilio, il portico che circondava il giardino posto al centro della casa, utilizzando lo spazio ricavato abbattendo alcuni edifici adiacenti. La villa disponeva anche di un ambiente interrato, una sorta di cantina, nel quale fu trovata una cassa piena di oro e argenteria oltre a vasellame e coppe, utilizzati molto probabilmente durante i banchetti.
Pompei_La Casa del Menandro: i colori dominanti negli ambienti erano il rosso e il giallo. Quando il terremoto del 62 d.C. distrusse i marmi, i Pompeiani crearono degli stucchi utilizzando la polvere di marmo insieme al gesso o al cemento, in modo da ottenere un effetto finale molto simile al marmo vero ma molto più economico.

La Casa dell’Efebo (Reg. I, Ins. VII) era una grande dimora composta da un insieme di più case e rappresenta la tipica dimora del ceto medio mercantile, arricchitosi alla fine del I secolo d.C. grazie ai traffici commerciali.

Pompei_La Casa dell’Efebo: deve il suo nome al ritrovamento di una statua raffigurante un efebo, giovinetto dalla bellezza delicata, quasi femminea (la statua è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Questa casa appartenne al mercante di vino Publius Cornelius Tages che, stando ai numerosi oggetti ritrovati all’interno della casa, doveva essere un collezionista d’arte. Al momento dell’eruzione, la casa era in fase di restauro come dimostrerebbero la mancanza di utensili da cucina, la presenza di un letto in un ambiente non destinato a tale scopo, la presenza di calcinacci nel giardino, non utilizzabile quindi in quel momento come luogo di svago. Durante gli scavi, lungo la strada antistante la casa vennero ritrovati diversi oggetti, probabilmente prelevati dalla casa stessa dai fuggiaschi durante l’eruzione.
Pompei_La Casa dell’Efebo: la stanza da pranzo invernale (oecus) aveva pareti decorate in II stile pompeiano. Noto anche con il nome di finto prospetto, questo stile della pittura romana si colloca in un periodo che va dall’80 a.C. alla fine del I secolo d.C. e si caratterizza per la presenza di elementi come fregi e cornici con motivi vegetali che, anziché essere in stucco, sono dipinti con abile gioco illusionistico di luci e ombre, a creare l’effetto del trompe-l’oeil.
Pompei_La Casa dell’Efebo: al centro della parte più occidentale del giardino (collocato sul lato meridionale della casa) si trova una sorta di divano in muratura a tre lati, coperto da un pergolato sorretto da colonne. Bellissimi sono gli affreschi, che riproducono il fiume Nilo, che decorano il divano. La zona è completata da un tavolo in marmo posto al centro del divano.
Pompei_La Casa dell’Efebo: d’effetto è la fontana a forma di tempio con ninfeo collocata sulla parete meridionale. Al momento del ritrovamento la fontana era decorata da una statua in bronzo raffigurante Pomona, la dea latina dei frutti, dalla quale fuoriusciva l’acqua.

La Casa di Paquio Proculo (Reg. I, Ins. VII) affaccia su Via dell’Abbondanza. La domus era piccola ma disponeva di un grande “peristylium” (peristilio), cioè un cortile circondato da un portico.

Pompei_La Casa di Paquio Proculo: notevole è il tappeto musivo a cassettoni che ricopre l’atrio. Si tratta di figure policrome di animali che alludono alla prosperità del padrone di casa.

In questa casa, risalente al II secolo a.C., probabilmente abitò Publius Paquius Proculus, il “pistŏr” (colui che macina in grano, quindi per estensione il panettiere) diventato duoviro di Pompei. I duoviri erano la coppia di magistrati eletti per sopraintendere ai pubblici uffici o per assolvere delicati incarichi politici e amministrativi. 

Pompei_La Casa di Paquio Proculo: il mosaico del pavimento del vestibolo ritrae la figura di un cane legato al battente di una porta semiaperta. A differenza della Casa del Poeta Tragico (Reg. VI, Ins. VIII), questo mosaico è privo della scritta “Cave Canem”, locuzione latina che significa “Guárdati dal cane”. Come avviene oggi, in età imperiale questo ammonimento era generalmente collocato all’ingresso della casa per segnalare la presenza all’interno di un cane potenzialmente pericoloso.

La Casa del Larario di Achille (Reg. I, Ins. VI) affaccia anch’essa su Via dell’Abbondanza e prende il nome dalla decorazione in stucco presente nel piccolo sacello domestico (piccolo recinto rotondo o quadrato dove era posto un altare). Il “larario” era il posto all’interno dell’antica casa romana riservato al culto domestico dei Lari, gli spiriti protettori che vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà e dell’attività.

Pompei_La Casa del Larario di Achille: si pensa che il padrone di casa scelse di decorare il sacello domestico con scene tratte dalla Guerra di Troia per esaltare le origini della sua famiglia.

La Fullonica di Stephanus (Reg. I, Ins. VI) era un impianto produttivo destinato al lavaggio dei panni e alla sgrassatura dei tessuti appena filati. Venne realizzato nella fase finale dell’esistenza di Pompei, trasformando un edificio originariamente adibito a casa.

Pompei_La Fullonica di Stephanus: il termine “fullōnĭca” significa lavanderia. Affacciata su Via dell’Abbondanza, al centro dell’atrio venne collocata una grande vasca e venne creato un lucernario per l’asciugatura dei panni. I lavoratori della “fullonica” erano schiavi, costretti a calpestare per ore i tessuti in un liquido contenente urina, funzionale a trattare i panni. Quando questa lavanderia fu riportata alla luce, gli scavatori trovarono uno scheletro che aveva con sé un gruzzolo di monete. Si pensò che si trattasse di Stephanus, il proprietario della lavanderia (il cui nome ricorreva spesso nei manifesti elettorali), intento a sfuggire all’eruzione con gli incassi della sua attività.

In corrispondenza dell’incrocio tra Via Stabiana e Via dell’Abbondanza, nella Regio VII, sorge il complesso delle Terme Stabiane; si tratta delle terme tra le più antiche tra quelle conosciute nel mondo romano.

Pompei_Via Stabiana e Porta Stabia (Reg. VIII, Ins. VII)

Le Terme Stabiane (Reg. VII, Ins. I) furono costruite intorno al III secolo a.C. in una zona che, probabilmente, all’epoca era considerata periferica. Nel II secolo a.C. subirono un notevole ampliamento e furono oggetto di continui restauri successivi. Le terme raggiunsero il periodo di massimo splendore nell’80 a.C.

Pompei_Le Terme Stabiane: la struttura presenta un ampio cortile centrale dove sorgeva la palestra porticata, le cui colonne, originariamente più esili, vennero “appesantite” dopo il sisma del 62 d.C. Molto raffinate le decorazioni in stucco policromo che sono ancora parzialmente visibili. Negli scavi non vennero ritrovati rivestimenti marmorei che si pensa siano stati asportati dai sopravvissuti nei giorni immediatamente successivi all’eruzione per essere (ri)utilizzati per fare pavimenti o rimacinati per fare stucchi marmorini.
Pompei_Le Terme Stabiane: a destra del porticato si accedeva alla parte maschile costituita dall’apodyterium (spogliatoio), dove c’erano le nicchie per depositare gli indumenti con l’adiacente frigidarium (per i bagni freddi) dal quale si raggiungevano il tepidarium (per i bagni a temperatura media) e il calidarium (per i bagni caldi). A ridosso della zona maschile sorgeva quella femminile, articolata nello stesso modo ma di dimensioni più piccole e priva di decorazioni. Negli ambienti per il bagno, la pavimentazione era sostenuta da piccole pile di mattoni per permettere il passaggio e la circolazione dell’aria calda.
Pompei_Le Terme Stabiane: erano tra i luoghi più frequentati di Pompei e forse, proprio per questo, gli archeologi vi hanno ritrovato alcuni corpi dei quali sono stati fatti i calchi, esposti in apposite teche. Il calco è quel processo che consiste nel versare gesso o una miscela di acqua e cemento nelle cavità vuote lasciate nella cenere indurita dalla decomposizione dei corpi e delle materie organiche.
Pompei_Le Terme Stabiane: bellissima la volta a botte finemente stuccata che dall’ingresso introduceva all’impianto termale.
Pompei_Le Terme Stabiane. Il colonnato: per i Romani le terme non erano solo il luogo dove fare i bagni (freddi e caldi) ma erano soprattutto un posto dove discutere di politica, di battaglie, di teatro, di donne. Insomma, le terme erano una sorta di “salotto” cittadino nel quale commentare i fatti del giorno.
Pompei_Terme Stabiane

Nella Regio VII (Ins. VIII) sorgeva anche il Foro Civile di Pompei che rappresentava il centro della vita quotidiana della città; su di esso si affacciavano tutti i principali edifici pubblici per l’amministrazione della città e della giustizia, per la gestione degli affari, le attività commerciali e i principali luoghi di culto.

Pompei_Il Foro: fu costruito intorno al IV secolo a.C. nei pressi di un importante nodo viario costituito dalle strade che portavano a Napoli, a Stabia e a Nola. Qui si potevano trovavano diversi esercizi commerciali. Quando i Romani conquistarono Pompei, il Foro venne ampliato e completamente ricostruito: le botteghe vennero abbattute e creati nuovi edifici pubblici e religiosi.
Pompei_Il Foro: era completamente circondato da un colonnato con colonne originariamente in tufo ma sostituite in età imperiale da altre in calcare bianco. Del colonnato a doppio ordine restano alcune colonne di ordine dorico nella parte inferiore sormontate da altre di ordine ionico interrotte da un architrave decorato.
Pompei_La statua del Centauro di Igor Mitoraj esposta nel Foro
Pompei_La Basilica Pompeiana (Reg. VIII, Ins. II): con la sua estensione di oltre 1500 metri quadrati, la basilica era l’edificio più sontuoso del Foro. Era una sorta di foro coperto dove si svolgeva la gran parte delle attività normalmente tenute nel foro quando le condizioni metereologiche non permettevano di restare all’aperto. E’ databile tra il 130 e il 120 a.C. e costituisce uno degli esempi più antichi nel mondo romano di questo tipo di edificio. I lavori per riportarla alla luce cominciarono nell’Ottocento.
Pompei_Il Portico della Concordia Augusta o Edificio di Eumachia (Reg. VII, Ins. XIII): era l’edificio più imponente del lato orientale del Foro e venne fatto costruire da Eumachia, la sacerdotessa di Venere proveniente da una ricchissima famiglia pompeiana, per il culto dell’imperatore. La data della sua realizzazione è incerta ma comunque collocabile tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. Incerta era anche la sua funzione; secondo alcuni studiosi in questo edificio sarebbe sorto il mercato della lana mentre secondo altri qui ci sarebbe stata la basilica all’interno della quale si sarebbero svolte le contrattazioni commerciali.
Pompei_Il Tempio di Giove (Reg. VII, Ins. VIII): domina il lato settentrionale del Foro. La posizione è scenografica in quanto alle spalle del tempio si erge, maestoso, il Vesuvio. A partire dall’80 a.C. questo spazio fu rifatto e divenne un “Capitolium”, cioè un tempio dedicato alla Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva). Le statue delle tre divinità vennero collocate su un’alta base in modo che fossero visibili a chi transitava nella piazza del Foro.
Pompei_Il Santuario di Apollo (Reg. VII, Ins. VII): venne realizzato lungo la via che da Porta Marina saliva al cuore della città. Alcuni ritrovamenti fanno pensare che, verosimilmente, un tempio arcaico fosse già esistente nel VI secolo a.C. a riprova della presenza greca ed etrusca in Campania. Tra il III e il II secolo a.C. il santuario venne totalmente rinnovato: un tempio posto su un podio, circondato da un porticato, a definire una corte con al centro l’altare. Apollo fu la divinità più venerata di Pompei fino a quando il culto di Giove prese il sopravvento. Durante l’epoca augustea, il tempio venne ristretto per fare maggiore spazio al Foro.
Pompei_Il Santuario di Venere (Reg. VIII, Ins. I): sorge in posizione panoramica su una terrazza artificiale. La sua costruzione risale al periodo immediatamente successivo alla creazione della colonia romana di Pompei. Fu dedicato a Venere, la dea protettrice di Pompei. Si trova nei pressi della Basilica e per costruirlo fu necessario abbattere numerose case. Prima il terremoto del 62 e poi l’eruzione del 79 d.C. hanno lasciato solo poche tracce del tempio che oggi è facilmente individuabile grazie alla statua di Dedalo, realizzata dall’artista polacco Igor Mitoraj scomparso nel 2014.
Pompei_Il Tempio del Genius Augusti (Reg. VII, Ins. IX): conosciuto anche come Tempio di Vespasiano, la sua costruzione seguì lo stesso progetto architettonico dell’adiacente Portico della Concordia Augusta. Il tempio comprendeva un piccolo cortile, un altare e un tempietto su un alto podio. Il Tempio è situato sul lato orientale del Foro, tra l’Edificio di Eumachia e il Santuario dei Lari Pubblici. La sua pianta era irregolare in quanto letteralmente “schiacciato” a causa del poco spazio disponibile.

L’eredità archeologica dell’antica Pompeii è qualcosa di unico e di valore inestimabile. All’interno del Parco Archeologico di Pompei il tempo si è fermato a pochi istanti prima della drammatica eruzione del 79 d.C.: incredibilmente, la quotidianità dell’epoca è più viva che mai e, con un po’ di immaginazione, si riescono ancora a percepire il rumore delle ruote dei carri che percorrono le strade cittadine, il vociare della gente, i suoni di una città vitale.

Pompei: il 24 agosto del 79 d.C. ha coinciso per moltissimo tempo con il giorno nel quale Pompei venne cancellata dall’eruzione del Vesuvio. In realtà, negli ultimi anni questa data è stata rimessa in discussione da un gruppo di studiosi che hanno posticipato l’eruzione di un paio di mesi, al 24 ottobre, supportati da nuove scoperte archeologiche e anche dalla letteratura. La diatriba tra gli storici è ancora aperta e promette interessanti sviluppi. Non si conosce il numero esatto degli abitanti di Pompei nel 79 d.C. perché le cifre spaziano da 6.000 fino a oltre 20.000. Il numero delle vittime ritrovate durante gli scavi ammonta finora a oltre 1.500; si tratta però di una cifra non definitiva in quanto manca la parte di Pompei ad oggi ancora inesplorata. I punti nei quali sono state rinvenute le vittime raccontano molto di cosa accadde quel giorno in città: molte persone perirono schiacciate dal crollo degli edifici all’interno dei quali si trovavano e altrettante morirono per strada soffocate dalle ceneri e dai fumi sprigionati dal vulcano mentre cercavano di scappare da Pompei.

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