Aggius, l’arte della tessitura e lo spirito della pietra gallurese
Lungo la strada poco trafficata che dalla costa conduce verso l’entroterra, ci si dimentica facilmente di essere su un’isola, circondati dal mare. Il paesaggio è di quelli che toccano l’animo nel profondo: le maestose rocce granitiche modellate dal vento, che un’invisibile quanto sapiente mano sembra avere posizionato con cura esattamente nel punto in cui si trovano; i muretti a secco, manufatto “in via di estinzione” (purtroppo!) che segnano confini altrimenti non visibili a occhio nudo; i nuraghi, le misteriose costruzioni di pietra a forma di cono “spuntato” risalenti alla civiltà nuragica, che punteggiano il territorio sardo e delle quali c’è ancora molto da scoprire…
Situato a oltre 500 metri s.l.m., ai piedi delle creste seghettate dei “Monti di Aggius“, circondato dalla bellezza forte e rigogliosa della Gallura, Aggius è il paese che ti aspetti di incontrare lontano dalle affollate mete turistiche balneari della Sardegna (Sardegna: l’isola che ti resta nel cuore): un luogo tranquillo e isolato, dove la pietra gallurese è la protagonista assoluta.
Il contesto ambientale di Aggius è davvero unico tanto da essergli valso il riconoscimento della Bandiera Arancione da parte del Touring Club Italiano. Tanto piacevole durante l’estate, quando Aggius si rivela la meta ideale per sfuggire alle assolate e (soprattutto) affollate coste, il borgo si veste invece di misticismo durante la Settimana Santa quando le celebrazioni dei riti religiosi lo trasformano idealmente in Gerusalemme, tra solenni processioni in abiti tradizionali e canti sacri.
Le tracce ancora presenti sul territorio ci raccontano che l’area di Aggius fu abitata fin dalla Preistoria anche se la fondazione del borgo vero e proprio risalirebbe all’epoca medievale quando in Sardegna esisteva il Giudicato di Gallura, uno stato sovrano e indipendente situato nella parte nord-orientale dell’isola, governato da un monarca detto “Giudice” coadiuvato da un gruppo di notabili e alti prelati denominato “Corona de Logu“. Quando nel 1288 il Giudicato di Gallura terminò di esistere, l’area fu a lungo contesa tra i Doria, il Giudicato di Arborea e la Repubblica di Pisa (Pisa, la celebrazione del miracolo della vita) finché nel 1324 non fu definitivamente conquistata dagli Aragonesi che ne divennero i signori incontrastati. Fu così che la loro dominazione condizionò notevolmente il dialetto, gli usi e i costumi della popolazione di Aggius.
Nel Settecento il territorio passò dalla dominazione spagnola a quella piemontese dei Savoia e Aggius divenne così parte del Marchesato di Gallura. Nel 1848 anche Aggius conobbe gli sconvolgimenti della “Primavera dei Popoli”, l’ondata di moti popolari rivoluzionari sorti per contrastare i regimi assolutisti che sconvolse l’Europa nel biennio 1848-1849. Durante la seconda parte dell’Ottocento, il territorio di Aggius fu nuovamente sconvolto da una serie di faide familiari, una delle quali divenne lo sfondo del romanzo storico “Il muto di Gallura” scritto dal giornalista sassarese Enrico Costa e pubblicato nel 1884.
Il visitatore che entra ad Aggius per la prima volta resta immediatamente colpito dalla pietra granitica che costituisce l’elemento protagonista dell’architettura cittadina del centro storico: gli edifici, pubblici privati o religiosi che siano, perfino le strade e le piazze, qui tutto ha il colore del granito della Gallura!
Tra gli stretti vicoli si aprono, inaspettatamente, slarghi e piazzette le cui pavimentazioni sembrano essere ricoperte da tappeti: in questi spazi, infatti, la pietra dà vita a bellissimi mosaici che evocano scene di vita paesana o riproducono i motivi decorativi tipici dei manufatti sardi. Non a caso, l’economia aggese è basata soprattutto sull’estrazione e lavorazione del granito e sulla tessitura, in particolare quella dei tappeti.
A pochi passi dalla centrale Via Roma, la strada che attraversa tutto il paese, si trova la Chiesa Parrocchiale di Santa Vittoria, un bell’edificio di epoca trecentesca, rimaneggiato però nel corso dei secoli: è il caso, ad esempio, della sua facciata timpanata, in stile neoclassico, risalente al XVIII secolo.
Spicca la torre campanaria a pianta quadrata, alta 33 metri, realizzata il secolo scorso in sostituzione del precedente campanile, abbattuto perché pericolante.
Poco distante sorgono la Chiesa e l’Oratorio di Nostra Signora del Rosario che, assieme a Santa Vittoria, è la patrona di Aggius.
L’edificio presenta una facciata a capanna con portale architravato ed è “movimentato” dall’alto campanile a pianta quadrata. La chiesa venne edificata alla fine del XVI secolo e subì diversi rimaneggiamenti nel 1727, come ricorda l’iscrizione incisa sull’architrave del portale.
Per essere un piccolo centro che non arriva a 1500 abitanti, Aggius ha molto da offrire dal punto di vista culturale.
Tutto ha avuto inizio nel 2008 quando ad Aggius soggiornò per un periodo Maria Lai (1919-2013), artista sarda molto apprezzata sia in Italia sia all’estero: attraverso il suo lavoro, infatti, Maria Lai ha reso omaggio alla bellezza dell’antica tradizione tessile sarda. E’ stata lei per prima ad “annodare i fili”, a creare opere che “raccontassero” il telaio e le donne, a riempire gli spazi del MEOC e del centro storico con li suoi lavori che sono ancora lì, a ricordare il forte legame dell’artista con il paese.
Dopo di lei, sono stati molti gli artisti che, negli anni, hanno scelto il piccolo centro gallurese per vivere e lavorare, ispirati dal borgo, dalla sua gente e dalla natura circostante e ognuno di loro ha lasciato qui la propria “impronta”.
Le opere che gli artisti hanno lasciato ad Aggius sono state via via esposte nei luoghi pubblici perché potessero essere fruite da tutti e, alla fine, è nato il Museo di Arte Contemporanea AAAperto, uno spazio espositivo che si snoda tra le strade del centro seguendo tre percorsi paralleli dai nomi evocativi: “Essere è tessere” di Maria Lai, quello fotografico “Dove c’è filo c’è una traccia” e “Arte contemporanea“.
E’ grazie a questo clima di grande fermento culturale che Aggius sta diventando un centro d’eccezione della cultura sarda.
Risale ad esempio a maggio 2015 l’interessante iniziativa “5D -Cinque Donne con l’Arte” che, con la collaborazione del locale Museo Etnografico “Olivia Carta Cannas”, ha riunito cinque artiste contemporanee sarde (Rosanna Rossi, Zaza Calzia, Josephine Sassu, Vittoria Soddu e Narcisa Monni) offrendo loro la possibilità di “contaminare” il centro storico di Aggius e il museo stesso con le loro opere e i loro messaggi. Nella realtà, quella di “5D-Cinque Donne con l’Arte” non è stata solo una semplice mostra ma l’occasione per raccogliere in un unico luogo 50 anni di arte contemporanea in Sardegna. Sono ormai trascorsi oltre cinque anni da quell’evento, eppure le opere della giovane Narcisa Monni (algherese di nascita ma sassarese di adozione) continuano a colorare le strade di Aggius e si sono di fatto trasformate in un’autentica forma di “street art” che anima le antiche pietre sarde! Una mostra a cielo aperto intitolata “Anima Animale“, che la pittrice realizzò anche grazie alla collaborazione degli studenti di un liceo artistico di Tempio Pausania.
Il volto culturale di Aggius si esprime poi attraverso i suoi due musei, conosciuti in tutta la Sardegna.
Il Museo Etnografico “Olivia Carta Cannas” (MEOC) è il più grande dell’isola e racconta, attraverso i diversi ambienti espositivi, la ricchezza della storia e delle tradizioni della cultura popolare gallurese dal Seicento ai giorni nostri.
Così si possono ammirare la “Casa tradizionale” con gli arredi d’epoca e gli oggetti di uso quotidiano, gli attrezzi degli antichi mestieri, gli abiti e i costumi della festa. il tutto accompagnati dai canti del Coro di Aggius che Gabriele D’Annunzio battezzò “Galletto di Gallura”. Una visita, quella al MEOC, che aiuta a capire meglio la società sarda e il suo legame, ancora strettissimo, con tradizioni secolari.
Dato che per circa tre secoli Aggius fu l’epicentro del banditismo gallurese (tanto che venne soprannominata la “Città del Banditismo“), non poteva certo mancare un museo dedicato a questo fenomeno.
Si tratta del Museo del Banditismo, uno spazio espositivo unico nel suo genere che, attraverso fotografie e documenti ufficiali dell’epoca, ripercorre i (mis)fatti che da metà del Cinquecento fino a metà Ottocento sconvolsero il territorio di Aggius.
Un periodo lungo e travagliato per questo territorio durante il quale agguati, omicidi e furti di bestiame erano all’ordine del giorno. L’aspetto più interessante dell’intero fenomeno del banditismo è però rappresentato dal fatto che, in taluni casi, il popolo aveva sovrapposto la figura del bandito a quella del diseredato, caduto in disgrazia per motivi d’onore con la conseguenza paradossale che il bandito fu frequentemente considerato un personaggio degno di rispetto e protezione!
L’ultima tappa di una visita ad Aggius non può che essere il Parco e il lago artificiale di Santa Degna. Ottenuto con lo sbarramento del Rio La Pitraia, questo bacino è circondato da un incantevole bosco di sugheri attraversato da sentieri e punteggiato da alture in roccia granitica. E’ un luogo tranquillo e rilassante nel quale è possibile apprezzare il canto degli uccelli e il rumore dell’acqua che scorre.
Aggius è senz’altro una meta insolita per chi visita la Sardegna, è uno spazio lontano dalle tradizionali rotte turistiche e, forse proprio per questo, è un luogo che conserva ancora quell’autenticità che fa sempre piacere (ri)scoprire, dimostrando una volta di più che, in fondo, la Sardegna non è solo mare…ma molto di più!