Castelsardo, la storia in riva al mare
Arroccato in cima ad un promontorio roccioso a picco sul mare, il Castello Doria osserva austero l’antistante Golfo dell’Asinara.
Questa antica architettura medievale è il simbolo di Castelsardo, piccolo comune della provincia di Sassari annoverato tra I Borghi più belli d’Italia della Sardegna.
Come la maggior parte delle località sarde, anche Castelsardo è preso in considerazione essenzialmente d’estate come meta vacanziera e, del resto, guardando le mille sfumature del mare è facile capirne il motivo… Eppure, forse a sorpresa, Castelsardo dimostra di essere una meta interessante da visitare anche fuori stagione, quando le temperature più miti invogliano a “inerpicarsi” per i pittoreschi vicoli del suo centro storico. Per dirla tutta, l’ideale sarebbe inserire la visita di Castelsardo all’interno di un viaggio itinerante alla scoperta di una Sardegna diversa, ricca di natura, arte, storia, cultura e tradizioni. D’altronde, come sostengo da tanto tempo ormai, questa meravigliosa isola ha un mare strepitoso che non ha certo bisogno di pubblicità mentre ha tanti tesori ancora nascosti e misteriosi che meritano di essere scoperti.
Dopo questa lunga premessa, quindi, non posso che parlare di Castelsardo e del suo patrimonio storico e artistico. Che poi una chiesa antica possa risultare ancora più bella se a farle da sfondo c’è il mare blu, è solo un dato di fatto!
Storicamente, la posizione e la presenza di piccoli approdi naturali fecero della porzione di costa dove oggi sorge Castelsardo il luogo ideale per la nascita di insediamenti abitati già in epoca nuragica (1800 – III secolo a.C.). Questo stesso sito fu poi frequentato anche in epoca romana e non è un caso che la collina che sovrasta l’odierno porto si chiami Monte Frigiano. Questo nome, infatti, deriverebbe da quello dell’antico approdo romano di Frĕtum Iāni (“il tratto di mare di Giano”), scalo commerciale della cittadina di Tibula, che alcuni ricercatori farebbero coincidere proprio con l’odierna Castelsardo.
Scorrendo i secoli arriviamo al Medioevo, quando sul Monte Frigiano esisteva un monastero di eremiti antoniani attorno al quale si radunò la popolazione fino a quel momento sparsa nelle zone rurali dell’entroterra. All’inizio del XII secolo, però, il monastero perse d’importanza a causa della costruzione, da parte della famiglia genovese dei Doria (Genova, città di mare, città d’arte), di una rocca, entro le cui mura la popolazione si trasferì progressivamente. Fu così che nacque il nucleo primordiale dell’odierno Castelsardo.
Con la realizzazione della rocca, a Castelsardo confluirono famiglie còrse e liguri e il borgo divenne saltuariamente la residenza sarda della famiglia Doria, impegnata nelle lotte per il possesso dell’isola.
Nel 1448 Castelsardo fu inglobato dagli Aragonesi nel Regno di Sardegna e nello stesso anno fu nominato Città Regia. Intorno al 1520 il borgo fu ribattezzato Castillo Aragonés e divenne sede vescovile.
Con l’avvento della dinastia sabauda nel XVIII secolo, Castelsardo assunse l’odierna denominazione ma mantenne nel proprio stemma le “Barras de Aragón”, l’antico simbolo araldico della Corona d’Aragona.
Nella prima metà dell’Ottocento Castelsardo cominciò a perdere di importanza e l’arrivo della peste ne completò il definitivo declino. Il paese conobbe il periodo più povero della propria storia, superato nel corso del secolo scorso grazie soprattutto al turismo e ai finanziamenti ricevuti dalle varie amministrazioni.
Nonostante l’urbanizzazione, a tratti sconsiderata, cominciata nella metà del XX secolo (e non ancora terminata), all’interno delle mura storiche Castelsardo è riuscito comunque a mantenere la sua connotazione originaria e, per questo, una passeggiata tra gli stretti saliscendi della cittadella non potrà che risultare piacevolmente suggestiva.
Risalendo la strada che da Piazza La Pianedda conduce al Castello Doria, in corrispondenza del primo tornante si accede alla passeggiata “eco-archeologica”, nata all’incirca una decina di anni fa.
Si tratta di un percorso pedonale tracciato al di sotto delle imponenti mura della cittadella e che permette di ammirare dall’alto il Parco Lu Grannadu.
Passeggiando lungo questo panoramico sentiero si arriva direttamente al centro storico, preannunciato dalla Cattedrale di Sant’Antonio Abate.
Situata all’interno della cinta fortificata nelle vicinanze dell’antica porta “a mare”, questa chiesa gode di una posizione panoramica a picco sul mare. Dal punto di vista architettonico, la Cattedrale di Sant’Antonio Abate fonde tra loro elementi tipici dello stile gotico catalano e altri del classicismo rinascimentale ed è caratterizzata dall’alta torre campanaria coperta da un multicolore cupolino maiolicato.
A breve distanza dalla Cattedrale sorge un altro edificio sacro molto particolare: si tratta della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, che si contraddistingue per l’assenza di una vera e propria facciata e la collocazione laterale dell’ingresso.
Risalente al Trecento, questa chiesa fu inizialmente il principale edificio di culto di Castelsardo per circa due secoli e successivamente divenne la sede dell’oratorio della Confraternita di Santa Croce, custode della tradizione di Lunissanti, la processione più suggestiva della Settimana Santa castellanese.
Una volta visitati gli edifici storici, vale la pena perdersi per le strette vie del centro perché l’atmosfera è piacevole e ci si imbatte facilmente in scorci davvero caratteristici!
L’unica accortezza che si deve avere è quella di indossare un paio di scarpe comode perché i gradini da salire e scendere sono tanti e, a volte, la pavimentazione di alcuni vicoli può risultare un po’ sconnessa. Ma la bellezza di un centro storico medievale sta anche in questo!
La storia di Castelsardo e del suo territorio, però, non si ferma al solo centro storico perché a pochi chilometri dall’abitato si possono vedere due “monumenti naturali” a costo zero.
Lungo la SS134, che collega Castelsardo a Sedini (Primavera in Sardegna… Cactus, che passione!), in località Multeddu ci si imbatte nella Roccia dell’Elefante, un grosso masso di trachite e andesite dal caratteristico color ruggine la cui forma richiama la figura di un pachiderma seduto.
Qui l’opera umana non c’entra perché quello che si vede è lo straordinario risultato dell’azione erosiva degli agenti atmosferici sulla roccia. Si pensa che in epoca preistorica questo grande monolite si sia staccato da un monte e sia rotolato a valle fino a fermarsi nella sua attuale posizione. Oltre ad essere diventata una curiosa attrazione turistica, la Roccia dell’Elefante è però interessante dal punto di vista archeologico in quanto al suo interno ospita due Domūs de Janas risalenti al periodo prenuragico.
Basta percorrere un paio di chilometri lungo la vicina strada che collega Castelsardo al comune di Valledoria per vedere spuntare dalla cima di una piccola altura il Nuraghe Pattaggiu (o Pattaju).
Il suo nome, che significa “paglia si rifà all’ultima probabile destinazione d’uso del nuraghe in epoca romana, ovvero quella di magazzino. A dispetto della sua apparente semplicità, questo nuraghe nasconde invece una certa complessità che, purtroppo, è molto difficile cogliere a causa del cattivo stato di conservazione del sito.
Il tratto di costa sul quale sorge Castelsardo non offre grandi spiagge e quelle esistenti sono “mutevoli” perché la loro estensione e la loro conformazione più o meno sabbiosa variano con le stagioni e le condizioni del mare. Un esempio su tutti è rappresentato dalla località di Lu Bagnu che, come tradisce il suo stesso nome, è da sempre il luogo ideale per fare il bagno a Castelsardo. Ebbene, la grande spiaggia sabbiosa di qualche decennio fa ormai non è più una certezza, quindi si potrà vederla ricoperta da un morbido strato di sabbia sottile oppure da uno strato di pietre e rocce portate dal mare. Unica nota costante, il mare che la lambisce, sempre meravigliosamente cristallino!