Bruxelles, la città dei fumetti e della Street Art
Eccolo lì, proprio davanti all’ingresso del MOOF Museum (Museum of Original Figurines): è un puffo gigantesco che, sorridente, se ne sta seduto sul cappello di un fungo!
E immediatamente ritorno bambina: quanti pomeriggi trascorsi a giocare con il saggio Grande Puffo, l’intellettuale Quattrocchi, il narcisista Vanitoso… e ovviamente la mia preferita, Puffetta, l’unica femminuccia del villaggio!
Creati nel 1958 dalla fantasia dal fumettista belga Peyo (pseudonimo di Pierre Culliford), il vero nome dei Puffi è Les Schtroumpfs e si racconta che questo buffo nome sia nato un giorno per caso: nel 1957, mentre si trovava a pranzo con l’amico e collega André Franquin, Peyo avrebbe chiesto di passargli la saliera ma, non ricordandosi sul momento la parola esatta, gli avrebbe detto “Passe-moi… le schtroumpf!” (“Passami… il puffo!”). Per tutto il resto della giornata, i due amici avrebbero continuato a parlare in termini di “schtroumpf” e Peyo avrebbe così deciso di inserire per la prima volta quel nome dal suono divertente nel suo fumetto “Johan et Pirlouit” (tradotto in Italia col nome di “John e Solfami”), dando così vita a degli strani esseri antropomorfi, centenari (eccenzion fatta per il Grande Puffo che di anni ne avrebbe addirittura 542!), alti pochi centimetri e dalla pelle blu. Forse non è un caso che Peyo abbia scelto proprio la parola “schtroumpf” per chiamare i suoi “ometti blu”: la pronuncia è infatti praticamente uguale a quella del vocabolo tedesco “Der Strumpf” che letteralmente significa “calza”, capo di abbigliamento per antonomasia dei Puffi (i loro pantaloni bianchi non ricordano forse le calze?!).
Ovviamente Bruxelles non manca di rendere omaggio ai Puffi che si possono trovare un po’ dappertutto: MOOF a parte, infatti, le simpatiche creature color del cielo “spuntano come funghi” (!) nelle vetrine dei negozi e perfino nelle pasticcerie!
Per il mondo dei fumetti, la città di Bruxelles si rivela essere una vera mecca! Puffi a parte, infatti, la capitale belga ha dato i natali a tantissimi personaggi dei fumetti tra i quali spicca quello di Tintin, il giovane reporter protagonista di avventure in giro per il mondo in compagnia del suo inseparabile amico, il cagnolino Milou (Milù in italiano).
Ideato dal fumettista brussellese Hergé (il cui vero nome era Georges Prosper Remi), Tintin fece la sua prima comparsa nel 1929 quando apparve in un inserto per bambini del giornale Le XXième Siècle.
Nacque così la serie di fumetti Les Avenures de Tintin (Le Avventure di Tintin), durata fino al 1983, che, episodio dopo episodio, raccontò le vicende del reporter belga tra Belgio, Inghilterra, Scozia, Russia, Repubblica di Weimar, Congo, Nord America e Cina fino ad arrivare addirittura sulla Luna!
La grande capacità di Hergé fu quella di caratterizzare in maniera unica il suo personaggio, tanto da trasformarlo in modello di riferimento dello stile della linea chiara, un disegno contraddistinto da un segno sottile, elegante e pulito, tratti questi che si ritrovano osservando la bocca, le sopracciglia espressive e il famoso ciuffo del giovane Tintin. E nonostante siano passati oltre trent’anni dalla sua ultima avventura, il personaggio di Tintin è ancora molto amato come dimostrano il Musée Hergé, i tantissimi gadget e i bellissimi personaggi da collezione.
Adesso è tutto chiaro: Bruxelles adora i fumetti (Bandes Dessinées come si chiamano in francese) e li adora a tal punto che i Puffi, Tintin & Co. si sono letteralmente “impossessati” della città, facendo la loro comparsa su muri e pareti di tantissimi edifici: in tal modo ha preso forma il “Parcours BD” ovvero la “passeggiata dei murales dei fumetti”. Le “tappe” di questo insolito quanto curioso percorso sono decine, quindi Ciccio ed io ne scegliamo alcune.
Cominciamo con Carrefour de l’Europe, nei pressi della Gare de Bruxelles-Central, dove sotto l’arco si trova un murale de Les Schtroumpfs che riproduce tutta una serie di riferimenti al patrimonio culturale di Bruxelles come le patatine fritte, l’Atomium, il Tapis des Fleurs, la manifestazione che, ogni due anni, in estate trasforma la Grand-Place in un enorme tappeto di fiori, la festa tradizionale del Meyboom durante la quale una specie di albero della cuccagna viene portato in corteo da sbandieratori e giganti.
In Rue de l’Étuve, conosciuta soprattutto per la statua di bronzo del Manneken-Pis, campeggia un gigantesco disegno raffigurante Tintin, il fedele Milù e capitano Haddock impegnati nell’avventura de “L’Affaire Tournesol” (L’Affare Girasole).
A pochi passi dal bambinetto più famoso della città, in Rue du Chêne si trova Olivier Rameau che molti considerano essere il murale più festoso dell’intero percorso a fumetti: apparso per la prima volta nel 1968 ne Le Journal de Tintin, questo personaggio fu creato dai disegnatori belgi Greg e Dany. Praticante notaio, Olivier Rameau vive, insieme al suo collega Maître Pertinent, nel paese di Rêverose dove non possono assolutamente entrare le persone noiose, prive di fantasia e incapaci di sognare. In questo mondo utopico, così diverso e lontano dalla realtà, i due vengono coinvolti in mirabolanti avventure in compagnia dell’affascinante Colombe Tiredaile della quale Olivier Rameau ovviamente si innamora.
Nella stessa zona, in Rue des Bogards, c’è un signore che, incurante del brutto tempo, passa davanti ad una brasserie nella quale si serve la gueuze (la tipica birra belga dall’inconfondibile sapore aspro e forte): si tratta di Monsieur Jean, romanziere parigino creato dalla fantasia dei disegnatori francesi Philippe Dupuy e Charles Berberian che, diversamente da tanti altri protagonisti dei fumetti, conduce un’esistenza assolutamente ordinaria, fatta di paure, amici lamentoni, grattacapi quotidiani, oscillando tra leggerezza e malinconia.
In Rue du Bon Secours Ciccio ed io incontriamo il murale che rende omaggio al personaggio di Ric Hochet, il giornalista/poliziotto ideato nel 1955 dallo scrittore belga André-Paul Duchâteau e dal caricaturista francese Tibet, pseudonimo di Gilbert Gascard. A prima vista, la scena riprodotta dal murale è piuttosto buffa ma, in realtà, non è esattamente così: il temerario Ric Hochet sta infatti salvando la sua fidanzata Nadine vittima di un malfattore. Prima di diventare protagonista di una serie tutta sua, il personaggio di Ric Hochet fece la sua prima comparsa in una pagina della rivista Le Journal de Tintin dove aiutava i lettori a risolvere enigmi polizieschi.
A pochi passi dalla Grand-Place, in Plattesteen si trova, invece, il primo affresco a fumetti ad essere stato realizzato a Bruxelles: risale al luglio 1991 e raffigura il giovane Broussaille (che significa “capelli scarmigliati”) che passeggia in compagnia della sua amica Catherine. Liberamente ispirato al suo stesso creatore, il personaggio di Broussaille fu disegnato dal 1987 al 2003 dal fumettista belga Frank Pé (noto semplicemente come Frank); sognatore incallito dall’animo gentile, Broussaille vive a Bruxelles in Rue Godecharle, conosce tutta la città come le sue tasche ed è profondamente innamorato della natura.
Il nostro (breve) “tour dei fumetti” si conclude in Rue du Marché au Charbon dove troviamo ad attenderci un gentiluomo, vestito di tutto punto, accompagnato da un’affascinante signora. E’ Victor Sackville, spia inglese alle dipendenze della Corona inglese con il nome in codice di X67, inviato in missione in giro per il mondo durante la Prima Guerra Mondiale: mai e poi mai non avrei pensato di incontrare un “collega” del celeberrimo James Bond proprio qui… Nato nel 1985 dalla collaborazione tra il disegnatore francese François Rivière e quelli belgi Gabrielle Borile e Francis Carin, questo fumetto riproduce in maniera perfetta, con un’incredibile dovizia di particolari, sia gli ambienti sia le atmosfere della prima parte del XX secolo.
In una città come Bruxelles la street art trova facilmente spazio riuscendo a trasformare alcune zone cittadine in gallerie e musei en plain air: nomi celebri o artisti sconosciuti ricoprono i muri e le facciate dei palazzi con opere spontanee o su commissione, realizzate utilizzando tecniche sempre nuove e diverse. E accanto a immagini semplicemente “belle” o “eleganti”, sono soprattutto le opere che riflettono sui grandi temi dell’attualità a colpire le coscienze.
Le opere di street art sono davvero tantissime, differenti tra loro e molto particolari e siccome siamo a Bruxelles, Ciccio ed io non possiamo assolutamente mancare di vedere la Façade HMI dove “troneggia” un gigantesco Manneken-Pis in versione Manneken-Peace: realizzato dall’artista HMI, membro del gruppo brussellese CNN, per festeggiare i 30 anni dell’hip hop belga, questo affresco celebrativo del simbolo per eccellenza della città rappresenta al tempo stesso un messaggio di pace.
Come detto, i temi affrontati dagli street artists sono quelli del nostro tempo (l’ambiente, la guerra, le disuguaglianze) e, tra tutti, forse quello dell’amore è tra i più sentiti: ecco quindi che la stretta Rue de la Chaufferette diventa il luogo perfetto per dare vita ad una vivacissima galleria, un arcobaleno di volti che parlano dell’amore in tutte le sue forme: sono gli 11 ritratti di persone omosessuali disegnati dall’artista greco Fotini Tikkou.
A celebrare tutti i colori dell’amore ci ha pensato anche la coppia tedesca formata da Conrad e Paul, realizzando pochi metri più in là un simpatico murale.Bruxelles_Il murale di Conrad&Paul
Lo “spirito artistico” di Bruxelles non si è però fermato alla sola superficie ma è addirittura sceso “sottoterra” raggiungendo la metropolitana e regalandole un nuovo volto.
Sebbene la metro di Bruxelles sia di fatto una delle più “giovani” d’Europa (la sua costruzione iniziò infatti nel 1970), la rete è purtroppo limitata ed ha un aspetto piuttosto vecchiotto: per fortuna, però, l’arte e i suoi colori sono arrivati anche in questa porzione di città e diverse fermate sono state abbellite dalla creatività degli street artists. Ammirare murales e graffiti mentre si aspetta il treno non è niente male!
Insomma, Bruxelles è una specie di gigantesco atelier nel quale gli edifici non sono altro che enormi tele sulle quali gli artisti possono esprimere la loro creatività dando vita a opere davvero pazzesche che, oltre a rendere gli spazi pubblici più piacevoli, ci aiutano a riflettere su noi stessi e sulla realtà nella quale viviamo.