Castelli, vigneti e … Tai Chi!
La domanda è lecita: cosa c’entrano i castelli con un’arte marziale cinese di antichissima tradizione? Semplice! Ogni anno nella splendida cornice del Castello di Belgioioso, piccolo comune in provincia di Pavia, si svolge la manifestazione chiamata Officinalia (www.belgioioso.it/officinalia/) una grande fiera dove le piante officiali, gli alimenti biologici, i tessuti naturali e, più in generale, il benessere psico-fisico incontrano il Tai Chi, considerato da molti “l’arte di lunga vita”.
Così, nonostante il naso rosso e gli occhi lacrimanti (sintomo che la primavera è ufficialmente arrivata e con lei, purtroppo, l’allergia di stagione!), Ciccio ed io salutiamo i miei compagni di pratica, impegnati, insieme ad altre scuole, in dimostrazioni “en plain air” (che peccato non potermi unire a loro!!) e curiosiamo tra i tanti espositori della fiera dislocati nelle bellissime sale del castello.
Risalente al XIV secolo circa, il castello fu fondato da Galeazzo II in un’area di proprietà della famiglia Visconti denominata “Belgioioso” proprio per la gioia e l’amenità del luogo.
Se il castello fu una dimora molto cara anche al Duca di Milano Gian Galeazzo Visconti che qui soggiornò in diverse occasioni, lo stesso non può dirsi per l’ultimo Duca di Milano, Filippo Maria che nel 1412 lo cedette dapprima come feudo alla famiglia Beccaria e poi nel 1431 al Conte Alberico da Barbiano.
La peste del 1630 non risparmiò i ricchi abitanti del castello che cadde così in disgrazia fino al Settecento quando fu ricostruito ed ampliato per volere del principe Antonio Barbiano prima e di suo figlio Alberico XII poi che qui ospitò tra gli altri Foscolo e Parini.
Dal 1978 un’ampia parte del castello e tutto il giardino sono di proprietà di un gruppo di privati che hanno provveduto alla loro riqualificazione e, seguendo il percorso già segnato dai precedenti proprietari, hanno definitivamente trasformato un’antica residenza di campagna in un luogo di esposizioni e manifestazioni culturali.
Ed è proprio grazie a questo importante progetto di riqualificazione che oggi si può godere della bellezza della facciata barocca-neoclassica dell’ala ovest, del parco, dell’androne e dei suoi dipinti, dei meravigliosi soffitti e degli stucchi dei saloni.
Per restare in tema di castelli, Ciccio ed io decidiamo di attraversare il fiume Po per andare alla scoperta della zona conosciuta come Oltrepò Pavese.
Posta in pieno Appennino Settentrionale, quest’area si trova letteralmente “incuneata” tra la provincia emiliana di Piacenza e quella piemontese di Alessandria. Se non fosse per poche decine di chilometri, la sua punta più meridionale “toccherebbe” addirittura la Liguria! Mano a mano che ci addentriamo, il paesaggio diventa letteralmente “da cartolina”!
Le strade sinuose corrono tra colline verdissime che, in alcuni momenti, sembrano ricoperte da morbida moquette! I filari di viti si susseguono a perdita d’occhio in perfetto ordine mentre i prati sono punteggiati di giallo, di viola, di bianco!
A ricordarci che questa zona è conosciuta ed apprezzata soprattutto per il suo vino, un’enorme bottiglia di una famosa cantina locale fa bella mostra di sé in mezzo ad una rotonda!
La nostra destinazione finale è Zavattarello, piccolo comune di origine medievale annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia.
Il suo nome deriverebbe dalla parola latina “savattarellum” che identificava il luogo in cui si confezionavano le ciabatte (le savatte, appunto) e proprio questa era infatti l’attività prevalente nel borgo dove sorgevano numerose botteghe di ciabattini.
Il centro di Zavattarello è Piazza Dal Verme sulla quale si affacciano le case di “su di dentro”, come gli abitanti chiamano il nucleo antico del borgo, caratterizzato da edifici in pietra e strette viuzze.
Zavattarello ruota intorno all’imponente rocca che lo sovrasta, il Castello Dal Verme, bene ricompreso nel circuito del FAI.
La fortezza deve il suo nome alla famiglia Dal Verme che per circa sei secoli ne segnò le sorti. Alcuni studiosi sostengono che Zavattarello sia addirittura il paese più “storico” della provincia di Pavia a causa degli scontri e dei combattimenti che si verificarono intorno alla rocca.
Il Castello di Zavattarello è un edificio “titanico” che sovrasta il borgo medievale: completamente costruito in pietra, le sue mura, in alcuni punti, raggiungono addirittura i 4 metri di spessore! Mirabile esempio di architettura militare, nel corso della storia resistette a numerosi assedi senza però mai essere espugnato.
Dalla terrazza e dalla torre si gode un fantastico panorama sulle valli circostanti e da questa prospettiva privilegiata si riesce ancor meglio a capire la posizione strategica del castello.
Nelle giornate terse, poi, si possono vedere i castelli vicini di Montalto Pavese, di Valverde, di Pietragavina e di Torre degli Alberi.
Il primo nucleo del castello risale alla fine del X secolo. Restò a lungo conteso tra la famiglia guelfa degli Scotti e quella ghibellina dei Landi (le merlate testimoniano il governo di entrambe le casate sul feudo) fino al 1390 quando divenne di proprietà di Jacopo Dal Verme (capitano di ventura citato da Ludovico Ariosto nel XXIII canto dell’Orlando Furioso) che vi fondò una scuola militare che sarebbe diventata nota in tutta Europa. Nel 1485 Lodovico Il Moro si impadronì del feudo che, anni dopo, passò nelle mani dei Francesi per poi tornare definitivamente in quelle della famiglia Dal Verme.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il castello venne abbandonato e danneggiato da un incendio ma nel 1975 i Dal Verme lo donarono al Comune di Zavattarello che oggi ne è proprietario.
Come ogni castello che si rispetti, anche quello di Zavattarello ha il suo fantasma! Contravvenendo agli accordi, Pietro Dal Verme, promesso sposo suo malgrado di Chiara Sforza, figlia del potente Signore di Milano, decise di sposare colei della quale era innamorato ovvero Cecilia Del Maino; purtroppo però la loro unione durò solo alcuni anni perché la donna morì e, a quel punto, a Pietro non restò che sposare Chiara la quale, infelice di essere la “seconda scelta”, il 17 ottobre 1485 avvelenò il marito.
Da allora, nel castello si aggirerebbe lo spirito irrequieto di Pietro Dal Verme: voci senza volto, strani rumori, porte aperte… I ricercatori del paranormale sono al lavoro ormai da qualche anno per trovare delle risposte a tutto ciò.
Ciccio ed io scendiamo lungo il rilassante sentiero ombreggiato che ci riporta verso la piazza di Zavattarello: il pomeriggio è ancora lungo e così sulla strada del ritorno possiamo fermarci ancora un po’ ad ammirare il panorama. I colori brillanti, le colline della Val Tidone, i suoni della natura, il profumo della primavera… Oltrepò pavese, davvero una piacevolissima esperienza!